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Decisioni e incertezza

Criteri non stocasitici

Criteri stocasitici

Analisi del rischio

Decisioni e incertezza

In condizioni non deterministiche (cioè, praticamente, nella quasi totalità dei casi rilevanti per un manager) i risultati conseguenti alle proprie scelte non sono perfettamente prevedibili in quanto dipendono, oltre che dalle decisioni adottate, da molteplici fattori non pienamente conosciuti o controllabili: reazione dei consumatori, della concorrenza, andamento generale dell'economia, interventi di politica monetaria, fiscali, ecc..

Si definisce "decisione", la scelta tra le possibili alternative sotto il controllo del decisore: effettuare o meno il lancio di un prodotto, usare un sistema di controllo qualità, fissare il livello di prezzo (se libero), decidere i volumi di produzione, scegliere un canale distributivo, fare o meno una certa campagna pubblicitaria, ecc..

È consuetudine rappresentare graficamente una decisione con un rettangolo da cui escono frecce che indicano le varie alternative.

Esempio:

Si definiscono "eventi", il manifestarsi di diverse situazioni non sotto il nostro controllo: il volume di domanda, reazione della concorrenza, restrizioni legislative, ecc..

È consuetudine rappresentare graficamente un evento con un cerchio da cui escono frecce che indicano le varie alternative. possibili non controllate da noi:

Esempio:

In questo contesto, non è possibile valutare la "bontà" (correttezza) di una decisione secondo canoni classici od osservando semplicemente i risultati in quanto questi, come si è detto, non dipendono solo dalla decisione ma anche (e, spesso, in maniera prevalente) dall'effettivo verificarsi di eventi non totalmente prevedibili o controllabili.

Occorre pertanto distinguere tra:

  •  buoni risultati, conseguiti grazie ad eventi favorevoli, anche se preceduti da decisioni logicamente non difendibili (la scelta, quindi, è stata "fortunata", ma non si può definire logicamente "buona");
  •  buone decisioni, definibili solo come decisioni che assicurano il massimo di coerenza logica tra i valori, i criteri di scelta, le possibili alternative e lo stato delle informazioni disponibili al momento della scelta stessa e ciò, a prescindere dai risultati conseguiti: una "buona" decisione, in senso logico, può quindi risultare a posteriori "sfortunata" (non "sbagliata"), se i risultati sono quelli ottimali.

La dicotomia è logicamente insanabile e per chi non sia un cultore di scienze occulte o divinatorie non resta alcun riferimento nel decidere se non quello di costruire e adottare dei "buoni" criteri decisionali, cioè criteri che assicurino la massima coerenza possibile tra i fattori suddetti: dopo di che, non resta che "sperare"[1].

In tale ottica esaminiamo, di seguito, vari criteri decisionali seguiti o proposti dalla dottrina della prassi.

Criteri non stocastici

Consideriamo, inizialmente, le situazioni in cui, per le varie alternative degli eventi, non sono definite delle probabilità (per qualsiasi ragione: impossibilità fisica, non convenienza economica, ignoranza, riluttanza logica all'uso dello strumento probabilistico, ecc.).

Per semplicità, immaginiamo che le possibili scelte (alternative decisionali) siano un numero finito, così come le alternative di evento, e che l'esito finale del processo sia misurabile secondo una grandezza che si vuole massimizzare: utili, margini, volumi, produzione, quote mercato, ecc. (il caso di esiti sgradevoli che si vogliono minimizzare: perdite, rotture di stock, difetti di produzione, ecc., è esattamente simmetrico: basta cambiare di segno alla variabile in esame).

Tale situazione semplificata è raffigurabile con una matrice (decisioni/eventi) come quella seguente, relativa alla decisione di adottare o meno una nuova tecnologia quando la stessa, per la sua novità, non sia ancora perfettamente testata w, quindi, non siamo certi del successo:

Tecnologia \ Evento Successo Insuccesso
Nuova a b
Tradizionale c d

Con a, b, c, d si rappresenta la grandezza (utili) che si vuole massimizzare ma che, ovviamente, dipende dagli incroci decisioni/eventi.

 

1. La dominanza

In alcuni casi (particolarmente felici e facili da trattare) gli esiti conseguenti ad una decisione sono, comunque, non peggiori e, almeno in un caso, strettamente migliori a quelli di un'altra alternativa scelta, qualunque sia la modalità con cui si manifesta l'evento incerto. Si dice, in tal caso, che la prima decisione domina (in senso assoluto) l'altra e che quest'ultima può, pertanto, essere chiaramente eliminata dal contesto decisionale.

Tecnologia \ Successo Pieno Fallimento Parziale
Nuova 70 50 60
Tradizionale 30 20 80
Mista 60 40 30

Chiaramente, la nuova tecnologia è preferibile ad una strategia mista qualunque sia l'esito tecnologico (70 contro 60, se si ha pieno successo, 60 contro 30 con successo parziale, 50 contro 40 in caso di fallimento), la strategia "mista" può, quindi, essere ignorata e l'ambito decisionale si riduce alla scelta tra "nuova" e "tradizionale".

A questo punto, però, non vi è più dominanza tra le due situazioni ed il criterio decisionale si blocca.

L'uso della "dominanza", che può sembrare "banale" o "sciocco", una volta che il problema sia ben definito (cioè, di fatto già depurato di tutte le alternative "dominanti") è , invece, utilissimo in fase di analisi del problema, in quanto ci consente di non perder tempo ad esaminare innumerevoli alternative che, anche ad un primo esame superficiale, risultano chiaramente non interessanti, in quanto "dominante".

Solo grazie a ciò ed all'accettazione di "semplificazioni" ed "approssimazioni", un problema può avere dimensioni gestibili (poche alternative).

N.B. La dominanza non è un vero e proprio criterio decisionale (salvo il caso limite di un'alternativa che domini tutte le altre) ma, piuttosto, un criterio complementare utile per ridurre l'ambito del problema a dimensioni più trattabili ("potando" alcuni ami ci si piò concentrare con più attenzione sugli altri).

 

2. Il pessimismo (MAXIMIN o criterio di Wald)

In un'ottica pessimistica (di "prudenza" esasperata), si individua per ciascuna scelta l'esito peggiore che ne può conseguire (cioè, il minimo) e si sceglie tra questi il caso migliore (cioè, il massimo dei minimi, da cui il nome).

Tecnologia \ Successo Pieno Fallimento Parziale
Nuova 70 50 60
Tradizionale 30 20 80

I minimi di riga sono, rispettivamente, 50, e 20: in un'ottica "pessimistica", la scelta della nuova tecnologia assicura, comunque, almeno un risultato pari a 50 (massimo dei minimi). Si rinuncia, così, a priori alla possibile combinazione Tradizionale/Parziale che potrebbe dare un utile pari a 80.

L'uso sistematico di questo criterio è proprio dell'approccio "burocratico" e porta, inevitabilmente, alla paralisi del "non far nulla pur di non rischiare".

 

3. L'ottimismo (MAXIMAX)

L'inguaribile ottimista (o chi ama la logica del giocare "il tutto per tutto") individua, invece, per ciascuna alternativa, il massimo risultato possibile (max di riga) e poi sceglie, fra questi, il max assoluto (max dei max).

Tecnologia \ Successo Pieno Fallimento Parziale
Nuova 70 50 60
Tradizionale 30 20 80

Il massimo dei massimi è, chiaramente, 80 con la scelta della tecnologia tradizionale se la nuova tecnologia ha un successo parziale.

Questo criterio è l'espressione di una strategia fortemente "aggressiva", ma verosimilmente a fortissimo rischio, poiché porta ad ignorare anche il rischio di una rilevante perdita.

4. Il compromesso (criterio di Hurwicz)

È una media ponderata con pesi a e 1 - a (con a compreso tra 0 e 1) dei criteri MAXIMAX e MAXIMIN, dove:

  • a è l'indice di "ottimismo" del decisore,
  •  e, ovviamente, 1 - a quello del "pessimismo".

Se a = 1, si ha criterio MAXIMAX puro.
Se a = 0, si ha il criterio MAXIMIN puro.

In tutti gli altri casi, si hanno situazioni intermedie.
Resta, comunque, indeterminato, a totale discrezione del decisore, il valore opportuno di a

Al variare di a, il criterio dà, ovviamente, indicazioni diverse, convergendo, agli estremi, ai  due suddetti modelli di riferimento, mentre per valori intermedi può privilegiare altre alternative: tendenzialmente, se a tende a 0,50 si ha un effetto "smussamento" delle punte e vengono premiate le scelte che presentano poca "variabilità".

L'esempio seguente premia la tecnologia "mista".

Tecnologia \ Successo Pieno Fallimento Parziale
Nuova 65 30 60
Tradizionale 30 20 80
Mista 78 28 50

Infatti, con a = 0,6, si ha:

- per l'ipotesi "nuova": (0,6 × 65) + (0,4 × 30) = 51
- per l'ipotesi "tradizionale": (0,6 × 80) + (0,4 × 20) = 56
- per l'ipotesi "mista": (0,6 × 78) + (0,4 × 28) = 51

Criteri stocastici

Rispetto alla situazione precedente, ipotizziamo esplicitamente che l'evento sia caratterizzato anche dalle relative probabilità.

Esempio:

 

L'uso della distribuzione di probabilità (con le relative proprietà) é l'unico modo di misurare l'incertezza logicamente coerente.

 

1. Il valore medio

Per ciascuna alternativa si calcola il valor medio degli esiti pesati con le relative probabilità e si sceglie l'alternativa con il valor medio più alto.

Tecnologia \ Successo Fallimento Intermedio Successo Media
0.2 0.7 0.1
Nuova 18 20 40 21.6
Tradizionale 15 22 30 21.4
Mista 19 19 20 19.1
 

Va chiaramente scelta la nuova tecnologia.

Tale criterio è ragionevolmente difendibile solo per le decisioni ripetitive (assicurazioni, produzioni in serie, ecc.), facendo riferimento alla legge empirica del caso: nel lungo termine si massimizza l'utile totale scegliendo ripetutamente il massimo dei valori medi.

Molte decisioni sono però di natura non ripetitiva (non si può invocare la legge empirica del caso se non come generico riferimento alla classe più ampia, ed indefinita, di tutte le possibili decisioni).

Inoltre, non vi è alcuna protezione contro sequenze iniziali sfavorevoli prolungate che possono condurre alla rovina (problema del rischio di rovina).

Analisi del rischio

Il metodo del Valor Medio non affronta in modo soddisfacente il problema del rischio (collegato alla dispersione dei risultati) che è poi il cuore delle decisioni in condizioni di incertezza.

Per supplire a ciò, abitualmente si completa l'analisi precedente con ulteriori indicatori di rischio, conducendo quella che viene correntemente chiamata analisi del rischio.

Purtroppo non vi è una visione largamente accettata e condivisa circa il concetto stesso di rischio (e, quindi, meno ancora su come misurarlo).

Per gli analisti finanziari il rischio è semplicemente la "dispersione" dei possibili risultati: una compagnia di assicurazioni tende a focalizzare la sua attenzione solo sul massimo danno risarcibile ("massimale"); in ambito sociale si concentra l'attenzione sugli aspetti negativi di determinate politiche (livello di inquinamento, degrado ecologico, danni per catastrofi civili o naturali, ecc.), pesati con le relative probabilità (si considera, quindi, solo la parte dei "danni" o effetti negativi); analisti di decisione a volte concentrano l'attenzione prevalentemente sull'entità del peggior esito ipotizzabile (rovina totale, morte, calamità, ecc.) trascurando la relativa probabilità; altri ancor individuano una soglia critica di "danno" (o rischio) e dedicano più attenzione alla probabilità che ciò si verifichi; ecc..

In tutti i casi, comunque, gli indicatori proposti sono di natura "ausiliaria" rispetto a quelli precedenti e si pone, quindi, il problema di valutarne l'importanza relativa quando gli stessi diano indicazioni contrastanti.

Solo in condizioni particolari esistono riferimenti ragionevoli (di mercato) per attribuire un valore (negativo) al rischio.

Ad esempio, la teoria moderna dei mercati finanziari e dei portafogli mobiliari attribuisce un vero e proprio "prezzo" al rischio, in quanto lo stesso è oggetto di scambi sul mercato. In tutti gli altri casi vengono proposte soluzioni parziali e molto ad hoc.

 

1. La varianza

È forse l'indicatore più diffuso del rischio. In questo caso, il rischio generato dalla "dispersione" è misurato appunto dalla varianza o, più correttamente (per omogeneità), dal corrispondente scarto quadratico medio (s).

Nei casi fortunati, di "dominanza in media e in varianza" (cioè, media più alta o uguale e varianza minore o uguale, e viceversa), la scelta è ovvia.

In tutti gli altri casi, viene proposto un indicatore misto del tipo

MEDIA - a

dove è a il "prezzo" del rischio (misurato come scarto quadratico medio).

Resta irrisolto il problema di determinare un corretto valore di a che può ricondursi::

  • a fattori puramente "soggettivi" di minore o maggiore avversione al rischio,
  • a politiche aziendali dichiaratamente "aggressive" (bassi valori di a ), oppure "prudenti" ( alti valori di a),
  • a indicatori di mercato nei casi fortunati in cui questi siano disponibili sotto forma di:
    - copertura assicurativa,
    - scambio sistematico con formazione di "prezzi" sui mercati finanziari.

 

2. La semivarianza

La variabilità (dispersione) ha una valenza negativa solo quando si esprime con valori inferiori a quelli attesi (medi), mentre ü un surplus quando lo supera. La varianza non coglie tale distinzione e include nella penalizzazione anche i valori particolarmente positivi.

Per ovviare a ciò, si usa spesso la "semivarianza", considerando, cioè, solo i valori inferiori alla media.

Valgono le considerazioni analoghe a quelle della varianza: in particolare, anche in questo caso si hanno spesso distribuzioni con uguale media e semivarianza, ma con diversi profili di rischio.

NOTE

[1] Nella pratica, purtroppo, i sistemi premianti socialmente o aziendalmente, spesso, non colgono questa distinzione e confondono la "fortuna" con la "bravura", sia per distorsione sistematica di tali sistemi (il vincitore fa "spettacolo", il perdente al massimo suscita sentimenti di compassione o solidarietà), sia in quanto è spesso difficile ricostruire a posteriori il processo fisico/logico decisioni/eventi per valutarne la congruità logica. Ci si riduce, dunque, all'equazione: dietro ad un buon risultato ci deve essere stata una "buona" decisione. Non è vero: la decisione può essere stata pessima ma "fortunata", ma si racconta che Napoleone volesse solo Generali "fortunati" e non sapesse cosa farne dei "bravi" Generali.

Le decisioni d’impresa, spesso, non sono né giuste né sbagliate: noi ti aiutiamo, però, affinché esse siano sempre le migliori”.

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Ultimo aggiornamento: 05 gennaio, 2019